Non è che l’inizio

Una reazione antigovernativa

Ora che il governo ha risolto la vicenda della legge elettorale, dal suo punto di vista ritenuta indispensabile per offrire stabilità al paese, ci aspettiamo che finalmente possa occuparsi dei problemi gravissimi della vita degli italiani di tutti i giorni. Ci è sempre stato difficile capire perché porsi prima l’urgenza di superare la questione della legge elettorale, quando si vedono i problemi economici e quelli della sicurezza dilagare. Stupiva poi un premier capace di aprire un accordo sulle riforme al principale partito di opposizione, ridursi ad un voto sulla legge elettorale a stretta maggioranza e sotto la minaccia della fiducia. Prima di voler entrare nel merito della legge elettorale, è il metodo con cui si è scelto di introdurla che è inaccettabile. Noi non siamo arrivati a pensare, come l’onorevole Brunetta ed a sorpresa molti altri con lui, che Renzi voglia la dittatura e restauri il fascismo. Certo crediamo perlomeno un errore molto grave quello del governo di aver stabilito un precedente sulla legge elettorale pari a quello commesso da Amato sulla riforma del titolo quinto della Costituzione nel 1999. Se Renzi avesse riflettuto a proposito, o qualcuno lo avesse fatto riflettere, si sarebbe potuto convincere che non era il caso di percorrere la stessa strada di Amato, persino in una condizione di maggior isolamento. Almeno Amato ebbe il sostegno di tutta la maggioranza di centrosinistra escluso il partito repubblicano numericamente poco significativo. I vuoti del Pd che accusa Renzi, sono invece tali quantitativamente che avrebbero dovuto indurgli almeno una qualche prudenza. Invece il premier è andato avanti come un treno su un terreno già sdrucciolevole di suo. Si prepari ad una reazione molto più aspra di quanto confidi di poter affrontare e già dallo sciopero contro la riforma della scuola, Renzi dovrebbe rendersene conto. Questo è solo l’inizio. Non si tratta della protesta di coloro che non vogliono cambiare niente, ma di coloro a cui non interessa cambiare tanto per cambiare, magari, come nel merito della legge elettorale, persino in peggio, restringendo gli spazi di rappresentanza e compromettendo gli equilibri di potere che la Repubblica aveva saputo garantire per decenni. Di questo Renzi, Boschi e compagnia cantante, possano stare tranquilli. Ne risponderanno al Paese prima di quanto si riescano ad immaginare.

Roma, 5 Maggio 2015